Il busillis

C’è un dettaglio nella nuova procedura dei concorsi per ricercatore (che sono comunque un piccolo passo avanti rispetto alla mafiosità integrale della procedura precedente) che proprio non capisco. Il nuovo concorso non prevede le due prove scritte, ma un’enfasi sui titoli e sulle pubblicazioni dei candidati – che però in assenza di una valutazione numerica titolo per titolo è un’enfasi piuttosto retorica -, e la prova orale è stata coerentemente sostituita da un colloquio in cui si discutono i titoli e le pubblicazioni. Questo colloquio peraltro differenzia, mi pare di capire, il concorso per ricercatore da quello per ordinario. Però al momento del colloquio i membri della commissione dovrebbero già aver stilato i loro giudizi sui titoli e sulle pubblicazioni dei candidati e la discussione non influisce dunque sul loro giudizio. Inoltre il colloquio non è oggetto di valutazione formale (cioè sostanziale, in un concorso). Gli atti finali del concorso non ne lasceranno traccia. E il punto è proprio questo: per quale motivo obbligare i candidati alla farsa di un colloquio inutile, che non cambia l’opinione formale della commissione e sul quale nessuno si esprimerà? Inoltre, se il concorso è di fatto un concorso per titoli, è lecito aspettarsi una relazione analitica dei titoli presentati, compresi fellowship, docenze all’estero, borse internazionali, o questi titoli (indicati dal ministero stesso come oggetto di valutazione particolare) verranno semplicemente ignorati nella descrizione del profilo del candidato, come avveniva candidamente nella vecchia procedura? In un concorso organizzato in questo modo a me pare che fare ricorso anche solo contro una decisione non sufficientemente motivata sia il minimo che ci si debba attendere (perchè a questo punto la valutazione analitica diventa sia un atto sostanziale che formale). E nella situazione di deterioramento di ogni etica pubblica e professionale nella quale ci troviamo, questo sarebbe tutto tranne che un male.

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