Abbiamo tutti i nostri allievi a cui vogliamo bene come figli

Riprenderemo il tema della casta dei poverini. Nel frattempo rimaniamo in contatto e continuate pure a scrivermi. Per il momento, segnalo il commento che un professore (anonimo) ha indirizzato al mio articolo pubblicato su Il Post (lo trovate qui tra i commenti), di cui ho apprezzato i toni composti e la voglia di testimoniare il modo di lavorare del suo dipartimento, in cui non ci sono “amanti di, figli di e amici di” (ma francamente non ho mai lontanamente alluso a questo tipo di relazioni). 

Ma aggiunge il commentatore “Abbiamo tutti i nostri allievi a cui vogliamo bene come figli”.  Ecco, come dire, il diavolo è sempre nei dettagli. Niente di male, naturalmente, a voler bene ai propri allievi. Eppure nel momento in cui questo affetto diventa argomento di un ragionamento pubblico (e io l’ho sentito molte volte) si trasforma in metafora guida dell’ambiente organizzativo, di una rete di rapporti, anche di uno spazio politico, di un modo di intendere l’accesso al lavoro (per non dire di un’autoassoluzione). E ne deriva una serie  evidente di storture, di ambiguità, direi di deviazioni dalla correttezza dei rapporti di lavoro, in certo modo una conferma a quanto abbiamo scritto.

A quale esigenza (e di chi? degli allievi? non credo) risponde un tale argomento? Perché se gli allievi sono i figli, evidentemente ci sono anche  i padri? Sono padri di figli adulti, o di ragazzi che devono pazientare, imparare, seguire le vie tracciate? Sono figli che devono gratitudine e venerazione, sono figli ricattabili emotivamente? Si aspettano premi se fanno i bravi? E’ un affetto che va ricambiato? Come? E chi non fa parte della famiglia, della sfera emotiva e linguistica tracciata dal professore?

Naturalmente esagero, volutamente, ma le parole, le metafore, le immagini sono strumenti di potere, di inclusione e di esclusione, di distorsione e filtro. E oggi, più che mai, nell’università, nel dibattito pubblico, nelle relazioni sociali ed economiche sono anche trappole di controllo e a volte di oppressione.

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